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Nucleare & …

In questa pagina i docenti e gli studenti del Corso di Studi in Ingegneria Nucleare trattano alcuni temi di attualità collegati alle discipline nucleari, rispondendo a domande e mettendo a disposizione materiali per la comprensione e l’approfondimento.
L’iniziativa è rivolta agli studenti interessati all’ingegneria nucleare, ma anche all’opinione pubblica e al settore dell’informazione e della comunicazione.

Temi trattati:


Il 5 gennaio 2021 è stata pubblicata la Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee (CNAPI) ad ospitare il Deposito Nazionale per i rifiuti radioattivi.
La CNAPI è stata redatta da Sogin, la società pubblica responsabile del decommissioning degli impianti nucleari italiani e della gestione dei rifiuti radioattivi, sulla base di criteri tecnici e principi di sicurezza elaborati da ISPRA, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale.

L’utilizzo della radioattività, delle reazioni nucleari e delle loro proprietà porta alla produzione di materiali radioattivi che, quando non possono essere più utilizzati, diventano rifiuti radioattivi
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Attualmente, in Italia diversi settori producono rifiuti radioattivi: i principali sono medicina, industria e ricerca. Inoltre, parte dei nostri rifiuti radioattivi deriva dall’esercizio e dallo smantellamento dei nostri impianti nucleari.
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Fotografie di macchine medicali

No, i rifiuti radioattivi vengono classificati in base alla loro attività: la classificazione distingue tra rifiuti radioattivi a bassa, media o alta attività.
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In Italia, i rifiuti radioattivi a bassa e media attività sono attualmente stoccati in diversi depositi temporanei, la cui capienza è prossima a saturazione. Inoltre, i depositi temporanei non sono stati progettati per provvedere allo smaltimento definitivo dei rifiuti radioattivi.
La quasi totalità dei rifiuti italiani ad alta attività si trova invece all’estero, in attesa della disponibilità di una collocazione in Italia.
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Siti dei depositi temporanei di rifiuti radioattivi. Immagine tratta da www.depositonazionale.it

Il Deposito Nazionale sarà uninfrastruttura di superficie che permetterà di sistemare definitivamente ed in modo sicuro i nostri rifiuti radioattivi.
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Immagine tratta da www.depositonazionale.it

I rifiuti radioattivi non sono né particolarmente pericolosi né difficili da gestire, se confrontati con altri rifiuti tossici prodotti dalle attività umane. La quantità di rifiuti radioattivi è molto piccola rispetto ai rifiuti prodotti da altre attività, come ad esempio dai trasporti, dall’industria pesante e dalla generazione di elettricità da fonti non nucleari. Infrastrutture come il Deposito Nazionale sono la soluzione più sicura per la gestione dei rifiuti radioattivi. Le tecnologie in esso utilizzate sono state ampiamente testate e sono già sfruttate in molti altri paesi.
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Immagini tratte da www.depositonazionale.it (a destra fotografia del deposito francese de L’Aube)

Nel 2018, il Politecnico ha ospitato un seminario sul progetto, la sicurezza e gli aspetti ambientali del Deposito Nazionale italiano.

SCARICA LA PRESENTAZIONE
del Dr. Fabio Chiaravalli, Direttore Deposito Nazionale e Parco Tecnologico.

In questo sito potrai trovare tutto quello che c’è da sapere sul deposito nazionale, dalla sua descrizione dettagliata alle modalità di coinvolgimento dell’opinione pubblica nei processi decisionali.

Qui potrai trovare una descrizione, organizzata in schede tematiche, dei vari aspetti connessi allo smaltimento di rifiuti nucleari. Segnaliamo in particolare la scheda “Rifiuti radioattivi: miti e realtà”.

Qui potrai approfondire diverse tematiche legate al nucleare nel nostro Paese.


In questi video gli ingegneri nucleari laureati al Politecnico di Milano rispondono ad alcune domande sul Deposito nazionale.

Deposito Nazione – cos’è?
Da dove vengono i rifiuti radioattivi?
Ma dobbiamo farlo per forza?

Ulteriori video: canale YouTube Comitato Nucleare e Ragione



Vari canali di informazione italiani sono tornati ad interessarsi della gestione dell’acqua contaminata della centrale nucleare di Fukushima Daiichi. L’interesse nasce dall’annuncio, fatto nel 2021 dal governo giapponese, sul rilascio nell’Oceano Pacifico dell’acqua radioattiva stoccata presso la centrale nucleare.
In questo approfondimento spiegheremo perché questa soluzione non comporti alcun rischio per la salute umana e per l’ecosistema marino. Il rilascio, infatti, verrà eseguito solamente dopo che i livelli di radioattività presenti nell’acqua saranno portati al di sotto dei limiti imposti dalle normative nazionali ed internazionali. Le operazioni inizieranno presumibilmente verso la fine del 2022 e continueranno per diversi anni così da garantire, attraverso la gradualità del rilascio, una ancor maggiore diluizione nell’oceano.

Prima di iniziare a parlare dell’acqua di Fukushima, è importante ricordare che le radiazioni ionizzanti emesse dai materiali radioattivi (contenenti cioè dei nuclei radioattivi, anche detti radionuclidi) sono un fenomeno naturale. Siamo costantemente esposti a questo fenomeno, ad esempio attraverso i raggi cosmici o la radiazione prodotta dai radionuclidi naturali. Per avere effetti sulla salute umana è necessario essere esposti ad una data quantità di radiazione in un dato intervallo di tempo. Al di sotto di una certa soglia non è possibile rilevare alcun effetto osservabile.
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Confronto tra la dose equivalente di alcune di attività umane e la dose equivalente di una banana.

L’acqua radioattiva di cui si parla è quella utilizzata per raffreddare i noccioli dei reattori nucleari della centrale di Fukushima Daiichi, danneggiati a seguito dello tsunami dell’11 marzo 2011.
A dicembre 2020, la quantità di acqua accumulata era pari a 1.23 milioni di m3. Questa contiene una bassissima quantità di prodotti di fissione (Cesio-137, Cesio-134, Stronzio-90, Iodio-129), in molti casi già inferiore ai limiti di legge, e trizio.

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Attualmente l’acqua di cui stiamo parlando è stoccata all’interno di cisterne presso il sito della centrale di Fukushima Daiichi.
L’acqua stoccata è stata già sottoposta ad un primo processo di filtrazione. Tuttavia, per alcuni radioisotopi, in particolare per il trizio, i livelli di concentrazione risultano ancora superiori ai limiti di legge per poter essere rilasciati in ambiente. Il rilascio di sostanze radioattive in ambiente è consentito dalle normative nazionali ed internazionali purché siano rispettati determinati limiti di concentrazione, espressi in Becquerel al litro (Bq/L). Le normative seguono le linee guida disposte da IAEA (International Atomic Energy Agency), le quali garantiscano la non pericolosità radiologica dell’operazione. Una volta che la concentrazione di radionuclidi sarà portata al di sotto di questi limiti, i progetti del governo giapponese prevedono di procedere con il rilascio in oceano, per fare fronte all’esaurimento della capacità delle cisterne. L’inizio delle operazioni è previsto per la fine del 2022.

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Il trizio (3H o T) è un isotopo radioattivo dell’idrogeno, il cui nucleo è composto da un protone e due neutroni, e che decade attraverso il processo β con un tempo di vita medio pari a 17.7 anni. L’elettrone emesso nel decadimento ha un’energia massima di 18.6 kilo-elettronvolt (keV). Questa energia determina la distanza che la radiazione può percorrere nella materia: un elettrone a 18.6 keV può percorrere di circa 6 mm in aria e pochi micron in acqua.
Facendo una stima conservativa, si ottiene che all’interno delle cisterne di Fukushima è presente un solo atomo radioattivo ogni 5000 miliardi. In pratica, meno di 20 grammi di acqua triziata su un totale di più di un miliardo di litri.

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Schema del processo di decadimento β del trizio.

L’acqua delle cisterne contiene un’attività di 860 TBq, mentre la radioattività dell’Oceano Pacifico è più di 8 miliardi di TBq. Il suo rilascio aumenterebbe la radioattività naturale dell’Oceano Pacifico di meno di un milionesimo.

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Contributi alla radioattività dell’Oceano Pacifico. In verde i contributi di origine naturale ed in rosso quelli di origine antropica.

Come spiegato in precedenza, la radioattività rilasciata sarà minima: meno di un milionesimo rispetto alla radioattività naturale dell’oceano. Per questo non si prevede alcun effetto negativo sull’ambiente o sull’ecosistema marino.
Per quanto riguarda l’impatto sulla salute umana, utilizzando il modello di valutazione UNSCEAR (United Nation Scientific Committee on the Effect of Atomic Radiation), si ottiene che la popolazione di Fukushima sarebbe esposta ad una dose efficace aggiuntiva di circa 0.0001 mSv/anno, pari a quella che si ottiene a causa del Potassio-40 ingerendo una banana.

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La sostenibilità del nucleare, dal punto di vista ambientale. Ecco alcuni utili contributi, per l’informazione e per la discussione.

Se ne è parlato anche in occasione delle ultime due COP (Conference of Parties) delle Nazioni Unite, COP25 Madrid e COP26 Glasgow.

Ne ha discusso anche il Parlamento Europeo, nonché la Comissione Europea nell’ambito della “Tassonomia Verde”.

Ecco altri contributi, provenienti da organizzazioni internazionali.


E se un missile colpisse una centrale nucleare?

ecco le risposte ad alcune domande spontanee e ad alcune affermazioni ascoltate (purtroppo) in questi giorni: